Di solito la pratica del rent-to-buy o compro-affito si diffonde maggiormente in periodi di crisi del mercato immobiliare, quando è difficile vendere e quando i mutui vengono erogati con maggiore difficoltà dalle banche.

Si tratta di un accordo che prevede l’impegno dell’acquirente ad acquistare l’immobile, a un prezzo già fissato, entro una data piuttosto lontana (3-5 anni), ma ottenendo il possesso dell’immobile fin da subito a fronte di una ben definita sequenza di pagamenti.

I versamenti al venditore devono prevedere due voci distinte: gli acconti prezzo (caparra confirmatoria) e un rimborso per l’occupazione dell’immobile.

La caparra confirmatoria (art. 1385 del Codice Civile) è una garanzia degli impegni presi dalle parti che, al momento della stipula del contratto definitivo di compravendita, diventa parte del prezzo pattuito.

Il rimborso per l’occupazione dell’immobile invece non rientra nel prezzo di vendita, ma viene versato dall’acquirente “a fondo perduto”; è simile al canone corrisposto per la locazione dell’immobile fino al momento dell’acquisto, e come tale è soggetto ad imposte a carico del proprietario.

 

Un esempio concreto potrebbe essere:

immobile prezzo di vendita 100.000 euro con vendita a 5 anni.

5.000 di caparra confirmatoria

500 euro di rata mensile (250 a titolo di acconto prezzo, 250 a titolo di canone locativo)

dopo 5 anni saranno maturati altri 250×60=15.000 euro a titolo di acconto prezzo

Al momento del rogito il saldo sarà quindi di 80.000 euro (100.000 – 20.000 già vrsati)

 

Per regolare questa situazione dal punto di vista giuridico e fiscale sono possibili diverse vie:

1) Atto notarile (più costoso ma di maggior tutela, in special modo per l’acquirente).

2) Contratto preliminare registrato che regola la compravendita e le relative caparre, e contestuale contratto di locazione (via più semplice, che può essere seguita in agenzia fino al giorno del rogito).

Entrambe le vie tutelano le parti nei diversi casi che possono verificarsi tra loro. Un esempio: in caso di insolvenza dell’acquirente e inquilino, il venditore può procedere allo sfratto per morosità (come in un normale contratto di locazione) e trattenere le caparre ricevute, salvo procedere per il maggior danno (come in un normale preliminare di compravendita).

 

Come nel caso della nuda proprietà e dell’usufrutto, per quanto riguarda spese condominiali (ordinarie e straordinarie), IMU o imposte in genere, o altre spese anche impreviste, ci si attiene agli accordi tra le parti, ma generalmente queste vengono messe a carico della parte acquirente. Ulteriori accordi tra le parti sono necessari, una volta approfondita la situazione specifica.

 

Molti sono i vantaggi per entrambe le parti: per esempio, la certezza di aver trovato un acquirente che si impegna (versando una caparra) a comprare l’immobile, sia pure nel lasso di alcuni anni, e comunque a prenderlo in locazione fin da subito, dal punto di vista del venditore spesso costituisce la tranquillità di sicure entrate economiche e la cessione ad altri, con effetto immediato, dell’onere dei pagamenti di imposte e spese condominiali.

 

Il governo Renzi nel 2015 ha introdotto uno schema normativo per il rent-to-buy che però è visto più come un affitto con la possibilità di riscatto al termine dei tempi stabiliti. Non essendo il teorico acquirente obbligato ad acquistare l’immobile non vedo perché un venditore dovrebbe impegnarsi in un accordo di questo tipo. Ritengo che la formula da noi proposta, ancora assolutamente valida, sia l’unica vera alternativa ad una compravendita normale con i vantaggi già illustrati.

 

In ogni caso, risulta sempre e comunque necessario per le parti ricorrere a un’approfondita consulenza con un professionista, in grado di individuare le diverse esigenze e quindi indicare la via più adatta al loro soddisfacimento.